LA SPECIE, LA RAZZA. L' ANIMALE IDONEO PER LA PET THERAPY
Un quesito frequente, quando si parla di Attività, Terapia o Educazione Assistite dagli Animali , è: “ quale animale è il più adatto per queste attività?”.
Un animale è, al tempo stesso: esemplare appartenente a una specie (specimen), esemplare appartenente a una determinata razza e un individuo.
Questi tre punti di vista sono fondamentali per comprendere l’animale reale che abbiamo di fronte a noi e valutare il suo comportamento alla luce delle caratteristiche etologiche di specie, della sua razza, e del vissuto individuale.
Hidalgo, cavallo di pura razza spagnola, si irrigidisce e scarta di lato trovandosi di fronte a uno straccio agitato dal vento; il suo comportamento è il risultato della risposta di fuga di fronte a una possibile minaccia tipica della specie cavallo, moderata dalla capacità di autocontrollo ( definita anche con il termine "tempra") caratteristica della pura razza spagnola e dall’ esperienza personale dalla quale ha imparato che se uno straccio si muove non è sempre pericoloso.
LA SPECIE ANIMALE
Parlando di specie animali, una prima discriminante è doverosa; l’animale da coinvolgere in queste attività deve necessariamente appartenere a una specie domestica.
A prescindere da considerazioni di carattere etico, l’animale selvatico, anche se addomesticato, non è mai a suo completo agio nel contesto ambientale umano, e non lo è, soprattutto, in ambienti chiusi o in contesti rumorosi e stressanti come quelli nei quali normalmente si svolgono le sedute.
Gli animali appartenenti a specie selvatiche non sono adattati alla cattività, non sono in condizioni di completo benessere e non possono perciò essere considerati idonei.
Alcuni animali appartenenti a specie selvatiche, sono ormai allevati in cattività da molte generazioni e hanno perduto gran parte delle caratteristiche selvatiche originarie.
Sono cioè "in mezzo al guado", non ancora specie domestiche, ma non più completamente selvatiche; sono gli animali definiti "Nuovi Animali da Affezione": criceti, gerbilli, scoiattoli tamia, pappagalli, iguana,… sui quali è necessario uno studio approfondito specie per specie.
Spesso questi animali non sono sufficientemente tutelati nelle loro effettive esigenze, non zolo zootecniche ma anche relazionali ed etologiche, non hanno una comunicazione facile da comprendere per la nostra specie, e quindi rischiano di non essere rispettati.
Quiale umano, a libello medio, sa comprendere i segnali di stress o di malessere di una tartarughina d'acqua dolce, di quelle comunemente commercializzate, o di un criceto?
Le specie animali domestiche hanno, in comune, alcune caratteristiche etologiche che ne hanno favorito la domesticazione nel corso dei millenni:
Sono, prima di tutto specie sociali, con una socialità , diversa tra specie e specie, ma strutturata e complessa, sono adattabili e adattate a a condizioni di vita e alimentari non naturali, hanno una notevole plasticità comportamentale e si sono evolute nel corso di secoli o, addirittura di millenni, a stretto contatto con l’uomo.
Alcune di queste specie sono, all'origine, una fonte alimentare per predatori carnivori, tutti i loro pattern etologici sono quello di un animale preda che si salva grazie alla rapidità di reazione e alla fuga.
Nella storia della loro domesticazione non hanno mai perduto completamente questo ruolo di preda e hanno continuato a essere anche mangiati, sebbene quasi in esclusiva dal predatore umano.
Pensiamo, ad esempio al coniglio, animale considerato oggi anche un Pet, che comunque continua ad essere mangiato e preparato in mille ricette appetitose.
Il coniglio, etologicamente, è rimasto fondamentalmente una preda e le sue reazioni sono conseguenti, moltissimi conigli se presi in braccio o afferrati con la mano, reagiscono tentando di fuggire, graffiando o morsicando nel tentativo di sottrarsi alla cattura.
Un discorso simile può essere fatto pert molti altri domestici: la capra, il cavallo ecc.
Questi animali possono essere inseriti in un programma di Attività Assistite dagli animali? La risposta può essere “sì” purché il progetto di attività sia ben studiato, consideri questa loro natura di “preda” e ne salvaguardi il benessere fisico e psicologico.
Non è raro trovare conigli manipolati, presi in braccio e “coccolati” con le modalità relazionali ed etologiche tipiche dalla specie umana ( modalità comportamentali di tipo scimmiesco) che stressati e impauriti, si difendono graffiando, mordendo o diventano sempre più paurosi e diffidenti.
Un corretto contatto dovrebbe essere quello che più si avvicina e assomiglia al loro naturale modo di rapportarsi, alla loro natura e al loro grooming sociale.
Ad esempio: una carezza leggera con la mano sul muso, sulla nuca e sul retro dell'attaccatura delle orecchie, il una offerta di cibo alla mano, lasciare a loro l’iniziativa di un contatto ravvicinato, non afferrarli e non prenderli in braccio come fossero cuccioli umani, lasciare loro lo spazio necessario per la via di fuga…
Consideriamo una gabbia con all’interno un canarino, è calmo e tranquillo quando siamo lontani a circa un metro di distanza, ma se ci avviciniamo e superiamo quella che è percepita come “distanza di fuga” , in termini umani potremmo definirla come la "bolla prossemica di sicurezza", comincia a dare segni di nervosismo e di paura, se poi infiliamo la mano nella gabbia la paura diventa panico e l’uccello svolazza terrorizzato andando a sbattere contro le sbarre.
Queste reazioni sono causate dalle caratteristiche di specie, ma anche da tutte quelle volte che quel canarino è stato afferrato da una mano umana e ha vissuto il trauma della predazione.
Se si vuole avere un uccello tranquillo e rilassato nel contatto con la nostra mano, non bisognerebbe mai afferrarlo, ma piuttosto, armarsi di pazienza e lasciare che salga spontaneamente sul nostro dito, offrirgli un boccone appetitoso tra le dita o con la mano aperta ecc.
Ovviamente molto dipende anche dalle caratteristiche individuali dal singolo animale e dalle esperienze che ha fatto.
Il cane e il gatto sono animali domestici particolari, perché, a differenza di altri, originariamente, sono predatori.
Il gatto è contemporaneamente sia una preda che un predatore e ha pattern etologici misti: quando fugge inseguito dal cane, rifugiandosi sull'albero, si comporta da preda, mentre quando gioca con la pallina si comporta da predatore.
Il cane è più decisamente un predatore di branco e il suo modo di rapportarsi con l’uomo è paragonabile a quello che avrebbe con un conspecifico.
Questi animali possono accettare più facilmente di essere afferrati e manipolati, purché siano gradualmente abituati e purché questa sia fatta in maniera corretta, non troppo spesso, non troppo a lungo, non troppo forte…
Consideriamo che sia il cane che il gatto hanno, nel loro corredo comportamentale, l'esperienza del trasporto dei cuccioli, afferrati con la bocca da parte degli adulti.
Ad esempio, se osserviamo molti gatti adulti, afferrati e sollevati per la collottola, ripiegano la coda sotto il ventre e si accoccolano in posizione quasi fetale, tipica del cucciolo.
Per questi animali l'essere presi in braccio o accarezzati ,nel modo corretto, può essere un antico ricordo delle cure parentali.
Ci sono poi gli animali addomesticati che da troppo poco tempo e da poche generazioni vivono nelle case, nelle gabbie e negli acquari.
Le specie animali nuovi pet, non hanno le caratteristiche dell’animale domestico vero e proprio e, mentre quest’ultimo ha imparato a dialogare anche con la nostra specie e ha evoluto nei secoli un linguaggio che in parte è comprensibile anche dall’uomo, ciò raramente avviene con i nuovi pet.
I nuovi pet non sempre hanno una socialità così elevata o le caratteristiche che si possono supporre se ci si basa sulla nostra esperienza e sulla "somiglianza" con i “domestici”, tanto che è possibile scambiare per manifestazione di socialità quelle che sono invece espressioni patologiche derivate da deprivazioni sociali ecc.
Quante persone sono state morsicate da criceti dorati, apparentemente senza motivo ? E’ normale che ciò avvenga, il criceto è allevato in cattività da migliaia di generazioni ma è comunque un animale fortemente territoriale che accetta il contatto con i suoi simili, e solo dell’altro sesso, unicamente per la riproduzione.
E' molto diverso da un topolino ballerino che invece è un animale altamente sociale e difficilmente reagirebbe al contatto mordendo.
Il criceto non ha la mimica e la gestualità del cane o del gatto, non mostra i denti come il cane e non soffia come il gatto, il criceto morde e basta, o almeno, noi non siamo quasi mai in grado di “leggere” i suoi segnali di minaccia.
Pensiamo ai grandi pappagalli parlanti, gli esemplari appartenenti agli psittaccidi , che troviamo in commercio, sono quasi sempre nati e allevati in cattività e spesso nutriti alla mano.
Si tratta di una grave forzatura, sono animali deprivati delle cure sociali materne, imprintati e socializzati forzatamente sull’uomo e poi tenuti, spesso in isolamento, su un trespolo o in una piccola gabbia, con pochissimi stimoli e poco contatto sociale, se non con l’essere umano.
I pappagalli sono animali sociali, vivono sempre in coppia o in colonie numerose, se vengono allevati in voliera e in gruppo, non impareranno mai a parlare, continueranno a vocalizzare com’è tipico della loro specie.
Un pappagallo che parla, ben lungi dal manifestare uno stato di benessere e un buon legame con l’uomo, testimonia un sostanziale maltrattamento psicologico, una forzatura innaturale dell’imprinting, una voluta povertà ambientale e gli effetti una deprivazione sociale.
Dobbiamo dedurre che solamente il cane sia idoneo per fare “pet therapy”?
Qualcuno sostiene che sia proprio così, e certamente, nelle attività di pet therapy il cane è in assoluto il più presente, il più versatile e il più facile da inserirte nei progetti, sebbene con alcuni altri animali come con il cavallo e l’asino si fanno attività specifiche ( ippoterapia e opoterapia) che hanno, però, caratteristiche peculiari in merito alle quali non intendo qui addentrarmi.
Chi sostiene che solo il cane è idoneo alla pet therapy, avrebbe ragione se si pensasse a una attività che ha un approccio standardizzato e che prevede necessariamente la manipolazione all’interno di sedute strutturate sul modello delle usuali "terapie mediche".
Per fortuna la pet therapy non è solo questo.
La pet therapy segue percorsi estremamente vari, può essere anche attività del “prendersi cura dell’animale”, entrare nel suo mondo e rapportarsi con il suo linguaggio , con le sue caratteristiche comunicative, può seguire la via delle conoscenza e del rispetto del diverso… non necessariamente deve passare attraverso la manipolazione, l’abbracciare o l’imposizione di una relazione forzata.
Se accettiamo questo concetto, le attività assistite dagli animali aprono l’orizzonte verso mille mondi nuovi da scoprire, mille possibilità socializzanti, educative, terapeutiche, purchè queste attività abbiano come fondamento l’ approfondita conoscenza dell’animale, della specie e dell'individuo, il senso dell'amicizia per l'animale nel rispetto dei suoi bisogni e delle sue caratteristiche etologiche, il riconoscimento della sua individualità da cui derivino progetti e percorsi ben studiati e ben preparati.
"Amicizia" che si fonda sulla conoscenza, sull'accoglienza e sul rispetto e non il malinteso sentimento di "Amore" che spesso è equivocato e che si fonda sull'egoismo e sul "possesso".
LA RAZZA
Nessuna razza, tra gli animali domestici, è stata selezionata per fare pet therapy, è una doverosa considerazione.
Se prendiamo come esempio il cane, le oltre 400 razze riconosciute sono state create dall’uomo per altre finalità utilitaristiche , in esse, sono state esaltate e spesso esageratamente enfatizzate alcune caratteristiche a scapito di altre.
Lo standard di razza evidenzia, nella maggior parte delle razze canine, oltre all’aspetto fisico e zoometrico, anche le caratteristiche comportamentali.
Se una persona pretendesse di trasformare un beagle in un cane da guardia e da difesa dovrebbe faticare non poco e dovrebbe stravolgere talmente il povero cane da ingenerare il lui gravi patologie psichiche.
Il beagle è stato selezionato e creato come cane da caccia e se volessimo farlo diventare un cane per la pet therapy dovremmo affrontare alcuni problemi.
Potremmo, ad esempio, dover mediare tra il suo bisogno di grandi spazi, la sua smania di movimento, la sua irruenza e la necessità di stare fermo per lunghi periodi di tempo, per contro non dovrebbe essere un cane tendenzialmente mordace e dovrebbe accettare facilmente il contatto fisico.
Oppure è difficile che un cane da pastore non abbai quando vede una persona sconosciuta che si muove in maniera scoordinata e brandisce un bastone o una stampella. La sua innata "vigilanza" selezionata ed enfatizzata nei secoli lo porta a reagire in questo modo.
Ogni cane, a qualunque razza appartenga, deve essere, ovviamente gradualmente abituato e si può ragionevolmente prevedere quale potrebbero essere le criticità e le opportunità che quella determinata razza presenta, e su queste lavorare.
Pur rimanendo nell'ambito della pet therapy, molte caratteristiche di razza o individuali non adatte per determinate attività possono essere una risorsa preziosa per altre.
Un cane vivace e invadente potrebbe essere prezioso per stimolare, ad esempio, un bambino ipocinetico o timido e invece essere assolutamente controproducente per un bambino artistico.
I cani meticci escono dagli standard e quindi, le loro caratteristiche di razza non sono facilmente prevedibili, perché possono emergere questa o quella caratteristica delle razze progenitrici.
Non esiste perciò una razza più adatta di un’altra, ma solo cani che offrono criticità sulle quali lavorare e da minimizzare e opportunità da saper valorizzare.
Negli Stati Uniti, ad esempio, in pet therapy è molto impiegato il pitt bull americano, che in Italia è considerato un cane killer.
Alcune razze di cani sono comunque pochissimo o per nulla impiegate, e ciò a causa delle caratteristiche tipiche della razza stessa, sono il Pastore Maremmano Abruzzese, il Pastore del Caucaso, Il Pastore dell’Asia Centrale e alcune altre simili; il motivo è da ricercarsi anche nello scopo per cui sono state create e selezionate.
LE CARATTERISTICHE INDIVIDUALI
Oltre e più della razza sono importanti le caratteristiche del soggetto.
Queste derivano dalle esperienze e dalla storia individuale, per questo motivo l'animale deve essere preparato all'attività attraverso percorsi di educazione, socializzazione, formazione...
Questo percorso va oltre l'idea di un "addestramento" per abbracciare quella di una "formazione" del soggetto che, nel caso del cane, può essere definito come una vera e propria "pedagogia cinofila".